Verso la fine del XX secolo, è stata annunciata la ritirata rapida dello Stato, sotto la pressione del mercato, delle autonomie e della globalizzazione. Una congerie di teorie cerca, o ha cercato, di relegarlo nel “ripostiglio” dei modelli politici superati, ora postulandone l’eradicazione, ora immaginandone il superamento verso differenti entità internazionali o federali.

E invece, sullo scorcio di questo primo ventennio del XXI secolo, lo Stato è di nuovo al centro della scena, a causa di una serie di fattori, in buona parte concatenati. Prima si è trattato delle crisi economico-finanziarie, con le loro conseguenze in termini di sfiducia nei meccanismi di auto-regolazione del mercato, di crescita delle diseguaglianze e di nuove domande di partecipazione politica di portatori di interessi collettivi e diffusi. Negli anni più recenti, un’altra e ancora più inquietante crisi è stata determinata dallo scenario pandemico: benché esso abbia un carattere globale e intersechi ben precise vicende e comunità locali, è ancora una volta sulle autorità nazionali che è ricaduta principalmente la responsabilità di prendere decisioni e adottare misure, talora inedite. La debolezza degli strumenti di coordinamento internazionale e sovranazionale e le divergenze nelle reazioni locali appaiono, ora, punti di debolezza che mettono in una diversa luce la posizione dello Stato, peraltro anch’esso in affanno dinanzi a vicende che stenta a governare.

Il ritorno dello Stato – invero mai ritiratosi – è contrassegnato da ambiguità e contraddizioni che invitano gli studiosi a porsi domande che in parte sono nuove e assumono forme inconsuete, in parte vengono da lontano.

Un primo punto teorico si concentra sull’idea stessa dello Stato costituzionale. Essa è stata continuamente ridisegnata per adattarsi alle varie costituzioni materiali che sono state poste, e anche oggi vanno ponendosi, nel tempo e nello spazio. In fondo, se lo Stato è ancora un’idea politica persistente, ciò non dipende forse dalla sua formidabile capacità di adattamento? L’interrogativo si riflette su tutti gli elementi tradizionalmente collegati a questa idea. Il concetto di “popolo”, un tempo considerato un’unità data, presupposta dalla forma dello Stato, è ora connotato non solo dal pluralismo abbracciato dalle costituzioni del secondo dopoguerra, ma anche dal contatto con migrazioni e multiculturalismo. La “sovranità”, intesa come sovranità politica, ha dovuto affrontare le sfide poste da nuovi antagonisti (le cosiddette sovranità dell’economico, del biologico, della tecnica, della scienza e del digitale), ma rimane salda nella sua essenza. La stessa idea di “localizzazione” non può non esserci, perché ci siano uno Stato e il suo diritto, ma è forse quella più direttamente chiamata in causa da una pluralità di vicende, ai più vari livelli: da quelli coincidenti con specifiche aree di crisi, dove forme politiche senza spazi predeterminati lottano per la propria affermazione e sopravvivenza; fino alla sfera rarefatta ma molto concreta del cyberspazio, dove emerge un’esigenza sempre più pressante di definire una “sovranità digitale” e di assegnare allo Stato un ruolo finora delegato ai mercati. Le spinte sopra evidenziate attraversano anche una delle espressioni tradizionalmente tipiche della sovranità statutale: l’esercizio della potestà punitiva. Da un lato, il sistema penale si presenta pluridimensionale e multilivello. Dall’altro, però, esso viene sempre più spesso identificato non come una extrema ratio, ma piuttosto come lo strumento cui ricorrere in via principale e immediata, quasi fosse il segno tangibile della presenza dello Stato e il dispositivo per esorcizzarne la crisi.

Un secondo insieme di domande di ricerca concerne il futuro dello Stato amministrativo. Da un lato, emerge la tendenza a rialzare barriere nel commercio globale e negli investimenti internazionali. Dall’altro, aumenta la domanda di intervento pubblico per porre rimedio alle distorsioni dei mercati finanziari, per rilanciare l’economia e offrire protezioni sociali. Tuttavia, a causa della crisi del debito sovrano e delle concomitanti politiche di austerità, gli apparati amministrativi dispongono di risorse sempre minori per rispondere a queste domande. Si tratta, insomma, di conciliare esigenze opposte: più e meno Stato, allo stesso tempo. Perciò, a tutte le latitudini, i governi sono continuamente impegnati in ambiziose politiche di riforma. L’aspirazione è costruire uno Stato più efficiente che massimizzi l’uso delle risorse a disposizione e garantisca la soddisfazione di vecchi e nuovi bisogni collettivi anche attraverso l’introduzione dell’intelligenza artificiale. La frammentazione interna dello Stato (agenzie, autorità indipendenti, società di vario genere, fondazioni), tuttavia, solleva difficili problemi di coordinamento e mette in dubbio l’uniformità delle regole pubbliche.

Un terzo punto di vista guarda allo Stato attraverso lo scenario europeo ed internazionale. Sia pure non senza discussioni e incertezze, fanno ormai parte del pensiero giuridico paradigmi che vanno ben oltre il diritto internazionale classico. Eppure, proprio su questo versante, appare necessaria una valutazione, anche scientifica, dei meccanismi di integrazione e cooperazione dopo l’emersione dei cosiddetti sovranismi. Nell’Unione europea, dinamiche note, ma ancora bisognose di approfondimento, hanno contribuito ad indebolire istituti e politiche cruciali (come ad es. la cittadinanza europea o le politiche migratorie), sino a metterne in discussione l’impianto valoriale e, dunque, le fondamenta stesse del processo di integrazione e l’adesione ad esso. D’altra parte, è anche vero che talune delle misure messe in campo dall’Unione per far fronte alla pandemia – su tutte il Next Generation EU – sembrano preludere ad un possibile cambio di passo, per certi versi volto a rifondare il processo di integrazione. Sul piano internazionale, si sono progressivamente consolidati i processi di ritiro unilaterale dai fori di cooperazione multilaterali e dalle organizzazioni internazionali, così come le azioni volte a intralciare o bloccare gli strumenti di cooperazione.

L’emergenza pandemica rappresenta un banco di prova per questi temi, sollevando ancora una volta anche l’esigenza di un dialogo sulla gestione di risorse ormai essenziali come lo spazio di Internet: una condizione eccezionale, che mette a dura prova tutto l’insieme dei poteri pubblici il sistema istituzionale fin nei suoi fondamenti, disvelandone natura, portata e limiti. L’intero sistema dei poteri pubblici – dalle fonti del diritto, alla capacità amministrativa di intervento, sino agli strumenti penali di prevenzione – è stato, e in certa misura ancora è, sottoposto a tensioni senza precedenti in tempi di pace. Tutti i punti elencati, dunque, si prestano a essere guardati attraverso il prisma dell’emergenza.

Nel momento in cui questo invito viene redatto, un notevole grado di incertezza avvolge ancora gli sviluppi epidemiologici in corso e quelli dei mesi che ci attendono: mentre in Europa la quarta ondata del contagio pare perdere forza, in alcuni paesi sembra tornare l’ombra del lockdown, mentre altri cercano di scongiurarlo mediante un forte impegno nelle campagne vaccinali, e altri ancora stentano a trovare la collaborazione internazionale di cui hanno bisogno per arginare la pandemia. Nondimeno, al momento, la diffusione di questo invito vale anche come auspicio che si riescano a conservare i mezzi e la serenità, faticosamente e forse non ancora per intero recuperati, per riflettere pacatamente su ciò che questa difficile situazione sta insegnando, anche in merito al senso della vita sociale e al ruolo delle istituzioni.


Modalità di partecipazione

Con questo auspicio, la terza conferenza della sezione italiana dell’International Society of Public Law (ICON·S, www.icon-society.org) che avrà luogo a Bologna il 16 e 17 settembre 2022 ha lo scopo di approfondire questi temi, nella prospettiva multidisciplinare che contraddistingue ICON·S. Sono invitati a partecipare i ricercatori di tutte le aree delle scienze giuridiche, così come gli studiosi di sociologia, scienza politica, storia istituzionale, economia ed informatica, in qualsiasi fase della loro carriera. 

La selezione delle proposte sarà effettuata a partire dalla descrizione dell’abstract di un singolo intervento (massimo 500 parole) o di un intero panel (massimo 1000 parole), con un minimo di 3 e un massimo di 6 partecipanti, da inviare entro il 1° giugno 2022 tramite l’apposito modulo online. L’esito della selezione sarà comunicato entro il 15 luglio 2022.

La conferenza si terrà esclusivamente in presenza nel rispetto delle norme in vigore in materia di salute pubblica.

Per chi lo desiderasse, le versioni definitive dei contributi potranno essere pubblicate, previo superamento del relativo processo di valutazione, nel Forum dei Quaderni costituzionali, nella collana degli IRPA Working Papers e nell’Italian Journal of Public Law. I migliori contributi saranno considerati in vista di una possibile pubblicazione su Diritto pubblicoQuaderni costituzionali e sulla Rivista trimestrale di diritto pubblico, anche in questo caso previo superamento del relativo processo di valutazione.

Per maggiori informazioni: 2022@icon-s.it